NAKAMICHI 1000
Le piastre a cassette presenti sul mercato nei primi anni 70 erano decisamente rudimentali: la maggior parte aveva due sole testine, rendendo quindi impossibile monitorare la registrazione in corso. Le poche piastre a tre testine avevano le due di registrazione e riproduzione accoppiate, con conseguente possibilità di interferenze e disturbi. La meccanica prevedeva per lo più un unico motore, che con un sistema di pulegge e cinghie provvedeva ad azionare il capstan e le bobinette di nastro per l'avvolgimento; questo comportava sforzi meccanici irregolari che si ripercuotevano sulla velocità di trascinamento del nastro sotto forma di wow e flutter.
Le prestazioni erano per lo più mediocri: la risposta in frequenza si fermava poco oltre i 10-12KHz e solo pochi registratori di qualità riuscivano a raggiungere i 15-16KHz in condizioni di taratura perfetta. Tuttavia molto spesso, a causa delle tolleranze di lavorazione dei gusci delle cassette e della limitata precisione delle meccaniche dei registratori stessi, si verificava un disallineamento delle testine rispetto al nastro che comportava una significativa riduzione delle già limitate bande passanti. La presenza del sistema di riduzione del rumore Dolby-B, se da una parte era necessaria a causa del limitato rapporto s/n nativo dei registratori, dall'altra contribuiva a peggiorare ancora di più la risposta in frequenza e la linearità della stessa, a causa delle inevitabili starature dei livelli di registrazione quando non si usava il nastro raccomandato dal costruttore.
Nel 1973, Nakamichi presentò al pubblico il modello 1000, primo deck a cassette ad utilizzare una serie di accorgimenti tecnologici di avanguardia: tre testine fisicamente separate per cancellazione, registrazione, riproduzione; doppio capstan per ridurre le fluttuazioni di velocità, un sistema di calibrazione integrato per regolare l'allineamento della testina di registrazione ed il livello di registrazione in modo da ottimizzare il funzionamento del riduttore di rumore. Per la prima volta, appare un deck a cassette che dichiara la stupefacente risposta in frequenza estesa fino a 20KHz: un miracolo, un valore riservato fino a quel momento solo ai registratori a bobina.
La "Naka 1000" è dunque un oggetto storico, con circa 40 anni di vita sulla groppa nella sua prima versione. Questa è arrivata in condizioni tutto sommato accettabili, funzionante a grandi linee e senza gravi difetti. Un po' di sporco all'interno, suono cupo e canali sbilanciati, malfunzionamento del dolby su un canale, meccanica rumorosa ma operativa. L'aspetto è solido, grosso e pesante, con sviluppo principalmente in altezza e ridotta profondità.
Incominciamo l'opera di disassemblaggio togliendo le quattro viti frontali che fissano l'intera macchina al mobiletto di legno. Tirando le maniglie, l'apparecchio esce fuori e mostra una costruzione interna tutto sommato ordinata: elettronica assemblata all'interno di un rack separabile, schede audio divise per funzione (ma non per canale), meccanica indipendente dal pannello frontale che ha solo la funzione di supporto. I collegamenti tra meccanica ed elettronica sono fatte con salsicciotti di fili terminati con connettori a pettine, il che rende abbastanza semplice disassemblare la macchina. | |
Una volta tolte le manopole ed alcune viti, è possibile asportare l'intero rack che contiene la sezione audio e l'alimentatore. Lo si disconnette dal resto della macchina scollegando due connettori a pettine, uno che va al gruppo testine e l'altro che porta l'alimentazione alla logica di controllo. |
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Dopo avere smontato la barra che le mantiene bloccate in
sede, ecco le schede audio: preamplificatore di playback ed
equalizzazione, dolby system di riproduzione, dolby system
di registrazione, modulo linea e monitor cuffia, modulo
registrazione e modulo riproduzione. L'oscillatore di bias
ed alcune sezioni accessorie, come ad esempio il pre
microfonico, si trovano sulla piastra base. La
componentistica usata non è particolarmente di qualità, e
molti condensatori elettrolitici cominciano ormai ad essere
secchi. |
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Passando alla meccanica, osserviamo la solidità della costruzione: telaio metallico, nessuna parte in plastica di rilievo. La presenza di due motori riduce la complessità totale dei leveraggi e delle trasmissioni rispetto ad una piastra monomotore, tuttavia osserviamo che ci sono svariate cinghie che potrebbero spaventare qualcuno in relazione all'affidabilità. Beh, non ci crederete: dopo 40 anni, quelle cinghie sono ancora in condizioni perfette, segno che i progettisti hanno scelto molto bene il materiale usato. |
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Qui vediamo il doppio capstan e le tre testine. La disposizione della cassetta è capovolta rispetto a quella classica, quindi la testa di registrazione è quella a sinistra. Osservare come sia fisicamente separata da quella di riproduzione, contrariamente alla totalità delle piastre a cassetta con tre teste che in realtà combinano in un unico blocco le due testine principali. Si vedono le numerose viti per la regolazione dell'azimuth. | |
Ecco il gruppo testine coperto dal carter, con il generatore di test per l'allineamento e la calibrazione del livello del dolby. Attivando il generatore con la macchina in record, occorre girare la piccola manopola fino ad avere entrambi i led accesi e lampeggianti: in tale condizione l'azimuth della testa di registrazione coincide con quello della testa di playback (che deve essere preventivamente allineata con un nastro test) e le prestazioni della macchina sono le migliori possibili. |
Riportare in efficienza questo registratore non è stata una passeggiata: dopo una pulizia con aria compressa, per iniziare sono stati sostituiti tutti i condensatori elettrolitici ormai invecchiati. L'operazione è relativamente semplice sulle schede della sezione audio, anche se fastidiosa in quanto hanno tutti i piedini ripiegati e le piste dei pcb sono piuttosto grossolane e "appiccicate". Ma quando si è trattato di intervenire sulla piastra base, le cose si sono decisamente messe male: per accedere a tutte le aree della scheda è stato necessario togliere l'intera elettronica dal rack, smontando i cursori dal pannello ed estraendo anche la piastra che li supporta e che contiene tutta la circuiteria dell'amplificatore microfonico e del mixer. Un lavoraccio, anche perchè le schede sono collegate tra loro con corti mazzi di fili e cavetti schermati che hanno la pessima abitudine di rompersi e staccarsi e che coprono in parte le piste, rendendo inagevole l'accesso col saldatore. Insomma, anche se ben fatto rispetto ad altri suoi simili, questo oggetto mostra chiaramente il suo "cablaggio giapponese", con tutto ciò che ne consegue.
Operare sulla meccanica invece non ha creato particolari problemi: è stato necessario solo pulire e smagnetizzare con cura tutto quanto, mettere alcune gocce d'olio in giro per perni e bronzine, e poco altro. Si vede che la macchina era stata usata pochissimo e tenuta con cura, anche se buona parte del mertio è da attribuire all'eccellente costruzione del meccanismo ed alla notevole robustezza delle parti. Bravi signori "Naka", ottimo lavoro, sicuramente migliore del cablaggio del rack audio.
Al termine del lavoro di restauro, inizia la fase di allineamento e test. Pochi colpi di cacciavite permettono di tarare in modo più che accettabile la macchina, ma c'è ancora il problema del malfunzionamento del dolby in riproduzione su un canale. Ci vorrà un intero pomeriggio per individuare in un condensatore del circuito che crea il segnale di controllo del VCA il componente guasto, che impediva l'"apertura" del canale alle alte frequenze quando necessario. Una volta sostituito anche questo, è possibile completare la messa a punto e dichiarare concluso il lavoro.
Di fronte a tanta meraviglia, sorge spontanea una domanda: è ancora vera gloria ? Ovvero, una macchina come questa, di assoluto riferimento quando è stata messa in commercio negli anni 70, ha ancora un senso oggi o è semplicemente un bellissimo e costoso pezzo da collezione ?
Le misure, ed anche l'ascolto, purtroppo non sono molto confortanti: la risposta in frequenza non raggiunge i promessi 20KHz (con nastro al cromo) neppure a -20dB di livello, mentre il rapporto s/n confrontato con quello di un deck più moderno lascia alquanto a desiderare. All'ascolto suona abbastanza bene nel complesso, tuttavia si avverte un po' di leggerezza in gamma bassa e manca un po' di dettaglio in alto, non tanto per colpa della risposta limitata quanto per la presenza di un po' di distorsione, probabilmente per differenza di frequenze (tipico effetto di confusione su strumenti come i piatti). A parziale discolpa va detto che la prova è stata fatta con un livello di registrazione elevato, cosa che peggiora la distorsione non di poco; tuttavia se si abbassa il livello del segnale compare il soffio di fondo.
Con il dolby inserito la situazione migliora sotto l'aspetto del rumore (e ci mancherebbe altro !) e della distorsione, a scapito però di una lieve perdita alle frequenze più alte. Questo, nonostante la "perfetta" taratura dei livelli di registrazione in base alle indicazioni dei vu-meter con il segnale di test.
In sostanza, se lo andiamo a confrontare con una qualsiasi piastra a cassette dei primi anni 70 questo Naka è realmente un mostro di tecnologia con prestazioni elevatissime, ma se lo si mette a fianco di un qualsiasi cassette di buon livello delle ultime generazioni "serie" (diciamo fine anni 80 - inizio 90) le cose cambiano radicalmente, ed il deck più moderno risulta senz'altro meglio suonante. Certo questo non vale per tutti i cassettofoni che possiamo trovare in giro, ma sicuramente con quelli "top" il vecchio leone fa una figura mediocre.
Aspetto solo di avere per le mani un Dragon, per confrontarlo con una buona Akai...